Il siluro a lenta corsa
Il siluro a lenta corsa
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Derivato dal siluro San Bartolomeo, progettato da Raffaele Rossetti e utilizzato durante la Prima Guerra Mondiale per affondare la corazzata austriaca “Viribus Unitis”, il Siluro a Lenta Corsa (SLE) fu realizzato – su progetto di Elios Toschi e Teseo Tesei, capitani del Genio Navale e direttori di macchina a bordo di sommergibili tipo “H” del Primo Gruppo – a La Spezia a seguito di una brillante intuizione dello stesso Tesei, ancora cadetto nel 1927 all’Accademia Navale di Livorno. Nel 1935, ottenuto il benestare del Comando di Stato Maggiore della Marina, ebbero inizio i collaudi presso la Casina di Caccia nella tenuta Salviati, alla Bocca del fiume Serchio, vicino a Pisa. Il soprannome “maiale” fu coniato da Tesei udendo il siluro ormeggiato a riva che, sollecitato dalla corrente, emetteva un rumore simile a un grugnito.
I primi siluri a lenta corsa elaborati poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale erano lunghi 7,30 m e avevano un motore elettrico da 1,6 HP di potenza. L’alimentazione era fornita da una batteria di accumulatori e la velocità massima era di 3 nodi, con un’autonomia di circa 15 miglia alla velocità di 2,5 nodi. Il siluro era dotato di timoni di profondità e di direzione, di casse di assetto e di una plancia dei comandi che comprendeva una bussola magnetica, un profondimetro, un orologio, un voltmetro, due amperometri e una livella a bolla d’aria per il controllo dell’assetto longitudinale.
Il siluro era costituito da tre sezioni: nella prima, di forma arrotondata per favorire la navigazione, era collocata la carica (230 kg circa di tritolite) con i relativi congegni di scoppio. Chiamata testa di servizio, veniva staccata dal resto del mezzo e applicata sotto la chiglia della nave nemica grazie a un golfare e a un cavo che l’operatore subacqueo tendeva tra le due barre antirollio posizionate sotto lo scafo della nave da colpire. Il corpo centrale, di forma cilindrica, conteneva le batterie ed esternamente ospitava le strutture sulle quali erano ricavati i posti per i due operatori. Nella coda, di forma tronco-conica, erano alloggiati il motore e l’armatura che portava le eliche e i timoni.
Il posto di pilotaggio comprendeva un piccolo volante e i comandi per governare l’assetto del siluro. L’equipaggio era fornito di autorespiratori autonomi ad ossigeno a circuito chiuso e non ad aria compressa, per non produrre bolle d’aria in superficie e per scongiurare il rischio di embolie. Alle spalle del primo operatore, una cassa conteneva le bombole d’aria a 200 atmosfere. Alle spalle del secondo operatore, una struttura sempre metallica ospitava un autorespiratore d’emergenza e la cassetta attrezzi che conteneva: un piccolo paranco per sollevare le reti calate sott’acqua a protezione delle navi o dei porti, una cesoia di grosse dimensioni azionata ad aria compressa, i morsetti che servivano ad “appendere” la carica di esplosivo alle due barre antirollio della nave da attaccare, infine l’“ascensore” costituito da un galleggiante legato al siluro con un cavo per aiutare il sommozzatore a riemergere senza allontanarsi dal siluro stesso.
Il Siluro a Lenta Corsa veniva trasportato in camere stagne sulla coperta del sommergibile appoggio fino al punto di avvicinamento. Il siluro veniva calato in mare con i due operatori e operava in solitudine, di notte, all’interno delle strutture portuali nemiche, avvicinandosi silenziosamente alla nave obiettivo, “a quota occhiali”, poi s’inabissava a circa trenta metri nei pressi della nave. Il primo operatore controllava il siluro, il secondo collegava, con i morsetti e il cavo passante, il golfare della testa esplosiva alle barre antirollio della nave e azionava la spoletta a orologeria a circa due ore. Terminata l’azione, gli operatori a bordo del siluro si allontanavano per essere recuperati dal sommergibile appoggio